STORIA DELLA VENDEMMIA E DEL VINO IN SICILIA

Vendemmia in Sicilia

Un tempo, in Sicilia, il periodo della vendemmia era una festa continua: ci si ritrovava nei vigneti con conoscenti o estranei e si svolgevano le attività di raccolta e trasporto dell’uva in un clima di assoluta allegria. Quest’ultimo era favorito da musiche tradizionali e da canti e balli popolari che accompagnavano le lunghe giornate di lavoro.

In passato le famiglie più umili e povere si occupavano di tali attività per conto dei proprietari dei vigneti. Si trattava principalmente di contadini, artigiani, mulattieri e carrettieri di qualsiasi età. E’ importante sottolineare che anche le donne, che inizialmente prendevano parte soltanto alla raccolta delle olive, partecipavano alla vendemmia in Sicilia, al fine di rendere più veloce l’intero processo. Esso, infatti, durava più di un mese, si svolgeva tra settembre e ottobre e rappresentava la maggiore fonte di guadagno rispetto agli altri lavori rurali.

INDICE

LA VENDEMMIA IN SICILIA: L’ANTICO RITO

Di buon mattino, coloro che appartenevano alle classi sociali più povere si recavano presso i vigneti dei comuni vicini, a piedi o con bestie da soma e carretti, portando con loro un coltello e una corba (una cesta di vimini) o una bigoncia (recipiente di legno utilizzato per raccogliere e pestare l’uva).

I proprietari dei terreni coltivati a viti posizionavano due capofila alle estremità di ciascun vigneto e alternavano i vendemmiatori più giovani e meno pratici con quelli più anziani ed esperti. Ogni otto vendemmiatori vi era una persona che trasportava a spalla la corba contenente l’uva raccolta fino al palmento (vasca larga e poco profonda con pareti di mattoni o calcestruzzo utilizzata per la pigiatura e la fermentazione dei mosti), dove aveva luogo la pigiatura dell’uva.

LA VENDEMMIA IN SICILIA: LA PIGIATURA

Il palmento presentava, alla base, un recipiente di legno all’interno del quale scolava e si raccoglieva il mosto. Al di sopra, invece, vi era una piattaforma riparata ai lati sulla quale il “pistaturi” (pigiatore) pigiava l’uva. La pestatura avveniva a gambe nude e con appositi scarponi ed era molto faticosa perché l’uva doveva essere pigiata tutto il giorno e buona parte della notte. Per non scivolare, il pigiatore si teneva ad una corda appesa al soffitto e, contemporaneamente, con un forcone spingeva gli strati di uva pestati nel palmento.

Il lavoro nella vigna iniziava di mattina presto con un ringraziamento a Dio e si concludeva, allo stesso modo, al tramonto. Spesso era previsto il pernottamento presso i terreni su cui insistevano le coltivazioni di vite e, in tal caso, ai vendemmiatori di ritorno dai vigneti veniva offerto un piatto di minestra.

LA VENDEMMIA IN SICILIA: CONCLUSIONE DEL LAVORO

Al termine della vendemmia il padrone del vigneto usava regalare alcuni grappoli d’uva ai vendemmiatori. La paga giornaliera invece dipendeva da ciò che i lavoratori portavano con loro: si guadagnava di più quando si giungeva alla vigna con gli strumenti necessari per eseguire il lavoro (carri, bigonce e corbe). Inoltre, in aggiunta a tale paga, ogni vendemmiatore riceveva due volte al giorno sarde salate, cipolle o formaggio come companatico.

LA VENDEMMIA IN SICILIA: UNA GRANDE FESTA

Le attività di raccolta dell’uva e di trasporto ai palmenti rappresentavano un rito singolare. Le lunghe giornate dedicate alla vendemmia erano infatti scandite da canti e balli tradizionali. Tra gli strumenti musicali più utilizzati per accompagnare tali momenti vi erano: la brogna (tromba di conchiglia), il tamurreddu (tamburello), il flauto di canna e la ciaramedda (zampogna).

A San Filippo Superiore (in provincia di Messina) fino ai recenti anni Sessanta il trasporto dell’uva dalle vigne ai palmenti era guidato da un ciaramiddraru (suonatore di zampogna), seguito da un corteo di cufinara (vendemmiatori). La vendemmia era quindi considerata una vera e propria festa per via del clima allegro e del sottofondo musicale che la accompagnavano.

Vendemmia in Sicilia: una grande festa

TRADIZIONE VINICOLA IN SICILIA

In Sicilia si producono moltissimi vini DOC, DOCG e IGT. Tra le zone più importanti dal punto di vista produttivo vi sono la provincia di Trapani e le isole di SalinaLipari e Pantelleria.

Ricerche e studi condotti nel corso degli ultimi anni hanno dimostrato che la vite era nota già all’antichissimo popolo dei Sicani che abitava la Sicilia 6000-5000 anni fa. La coltivazione della vite fu introdotta dai Cretesi intorno al XV secolo a.C. e sotto la dominazione greca (tra il 735 a.C. e il 212 a.C.) si diffusero particolari metodi per la coltivazione della vite e la produzione del vino. Esso, esportato in tutto il bacino del Mediterraneo, si presentava corposo, aromatizzato e altamente alcolico.

IL VINO MARSALA

Alla fine del XVIII secolo la viticoltura siciliana era legata sostanzialmente al vino “Marsala”, prodotto nell’omonima località. E’ il primo vino ad aver ottenuto la denominazione DOC in Italia, nel 1969 e oggi si produce sia con l’uva dei vigneti a bacca bianca (Grillo, Grecanico, Inzolia, Cataratto e Damaschino) sia con quella dei vigneti a bacca rossa (Pignatello, Calabrese, Nerello Mascalese e Nero d’Avola).

Nato grazie all’antica tradizione greca, il Marsala era ottenuto mediante un lungo periodo di invecchiamento all’interno di botti di legno pregiato. Dopo alcuni anni una parte del vino invecchiato veniva prelevata e sostituita con altra recente: tale procedimento era denominato “perpetuum”.

IL SUCCESSO DEL VINO MARSALA: JOHN WOODHOUSE E VINCENZO FLORIO

La storia di tale vino è strettamente collegata all’arrivo a Marsala, nel 1773, di un commerciante di Liverpool di nome John Woodhouse. Egli, dopo aver assaggiato il vino Marsala, acquistò una cinquantina di botti e le spedì in Inghilterra addizionando il prodotto con alcool etilico per non farlo rovinare. In seguito al successo riscosso presso la sua patria, l’imprenditore comprò alcuni vigneti situati in provincia di Trapani e avviò la produzione e la vendita del Marsala con la sua etichetta.

Un altro promotore del successo di questo vino nei vari continenti fu Vincenzo Florio, commerciante di tonno diventato un grande imprenditore. Dopo aver costruito le sue Cantine nel 1832, in soli 20 anni divenne uno dei principali produttori ed esportatori di Marsala in tutto il mondo.

Sempre nel corso del XIX secolo nacquero altre cantine appartenenti a importanti famiglie: Duca di Salaparuta, Amodeo,Rallo, Curatolo Arini, Carlo Pellegrinoe Lombardo.

I PASSITI SICILIANI

Oltre al Marsala vi sono anche altri vini liquorosi passiti famosi e prodotti in Sicilia da secoli. Essi possono essere prodotti mediante due diverse tecniche:

  1. Disidratazione o appassimento delle uve: si riduce o si elimina l’acqua presente negli acini, favorendo la concentrazione di zuccheri, acidi organici, sali minerali e profumi. I passiti così prodotti presentano un elevato contenuto di alcool.
  2. Estrazione a freddo delle uve: dopo essere state raccolte, esse vengono lasciate ad alcuni gradi sotto 0 per tutta la notte. In tal modo congelano soltanto gli acini meno maturi, con un maggiore contenuto d’acqua. Successivamente avviene la pressatura e il mosto viene ottenuto soltanto dagli acini più maturi e ricchi di zuccheri.
Vendemmia in Sicilia

MOSCATO POLLIO DI SIRACUSA

Le origini di tale vino risalgono alla fondazione di Siracusa, intorno al 734 a.C., ad opera dei Greci. La denominazione attuale nasce invece molto più tardi, nel corso del 1600 d.C. Ancora oggi il Moscato viene prodotto in piccole quantità a Noto, Rosolini, Pachino e Avola con uve di Moscato Bianco sottoposte ad un lieve appassimento. Tale può essere naturale, liquoroso o spumante e nel 1974 ha ottenuto il riconoscimento DOC.

IL PASSITO DI NOTO

Il Passito di Noto nasce dall’antichissimo vitigno a bacca nera, Nero d’Avola. L’appassimento delle uve sulla pianta stessa o sotto il sole (dopo la raccolta) avviene molto lentamente e ciò, insieme all’eccessiva maturazione degli acini rende questo vino particolarmente dolce. Esso si accompagna a dolci e gelati e profuma di frutta esotica, gelsomino e agrumi.

LO ZIBIBBO

Il vino Zibibbo nasce da un vitigno originario dell’Egitto, portato in Sicilia dai Fenici. Il termine Zibibbo, invece, deriva dalla parola araba zabib ossia “uva passa”. Proprio gli arabi hanno importato particolari tecniche di coltivazione della vite, ancora oggi utilizzate nei vitigni di Pantelleria.

Questo vino è nato in modo casuale: i viticoltori di Pantelleria, dopo essersi ritrovati con grandi quantità di vino moscato da tavola invendute e lasciate invecchiare, hanno ritrattato quest’ultimo con del mosto ottenendo così lo Zibibbo.

L’uva, raccolta a partire da metà agosto, viene fatta appassire in stenditoi areati e soleggiati. Gli acini appassiti vengono successivamente immersi nel mosto di un’altra vendemmia che li reidrata mentre essi rilasciano tutti i loro zuccheri. Dopo un mese si arresta la fermentazione portando la temperatura del mosto a 4° o 5° C. Dopo due mesi si effettuano la torchiatura e l’affinamento. Quest’ultimo dura dai 15 ai 18 mesi. In seguito all’imbottigliamento del mosto bisogna attendere altri 6 mesi prima di poterlo vendere.

Nel 2014 la tradizionale coltivazione ad alberello della vite dello Zibibbo, praticata appunto a Pantelleria, è stata dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO.

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Fonti:

http://www.valdinotomagazine.it/sito/2018/09/breve-storia-della-vite-in-sicilia/

http://www.metesiculiana.org/2013/08/il-vino-in-sicilia-tra-storia-e.html

https://www.mediterraneaonline.eu/u-travagghiu-di-vinnigna-tradizioni-dei-vendemmiatori-siciliani/

https://francofonte.italiani.it/la-vendemmia-un-rito-antico-dal-fascino-millenario/

2 Comments

  1. Emanuele

    Ritengo che la Sicilia produca dei vini eccellenti che vengono esportati in tutti i paesi del mondo, dietro soltanto a pochi paesi. Complimenti per aver raccolto tutta la storia della produzione del vino in Sicilia, bell’articolo!

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  2. Placido

    Articolo molto interessante e ben scritto e che risalta la qualità dei vini di Sicilia!

    Rispondi

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